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Una paziente del ginecologo: “Antinori mi aveva reso sterile”

Wadad Fadel con il primo figlio e in attesa del secondo

Era stato arrestato e posto ai domiciliari il 13 maggio 2016, Severino Antinori, con l’accusa di rapina aggravata e lesioni personali aggravate. Il famoso ginecologo, nell’aprile sempre dell’anno scorso, all’interno della clinica Matris di Milano, con la complicità di alcune collaboratrici, avrebbe espiantato alcuni gameti da una giovane infermiera contro la sua volontà. Il medico si è sempre dichiarato innocente ed è di oggi la notizia che segna una svolta nelle indagini. Per l’accusatrice venticinquenne, Hanae Messouak, che era stata a sua volta accusata dal medico di calunnia, è stata disposta l’imputazione coatta dal gip di Milano, Luigi Gargiulo.

Insomma, l’accusatrice finirà per essere l’imputata e molto probabilmente sarà rinviata a giudizio perché avrebbe «falsamente accusato, mediante denuncia-querela» il medico romano difeso dagli avvocati Carlo Taormina, Tommaso Pietrocarlo e Gabriele Vitiello. Un altro gip deciderà se accogliere o meno la richiesta ma in genere queste richieste vengono accolte.

Una vera svolta, quindi, in questa vicenda che vede Antinori al centro di polemiche e fatti di cronaca a dir poco delicati.

Mentre le indagini proseguono, riporto qui di seguito la testimonianza esclusiva di una paziente che è stata in cura dal dott. Antinori per circa due anni. Wadad (Daddi), libanese, si è trasferita a Roma tanti anni fa e poi si è sposata con Remo, andando a vivere in provincia di Rieti. Ci tiene a raccontare la sua esperienza con “la banda Antinori”, come la definisce, ripercorrendo quella racconta essere stata per lei una vera odissea. Mi mostra anche documenti e cartelle cliniche relative alla sua testimonianza.

«La mia esperienza con la “banda” del dottor Antinori iniziò nel novembre del 2001. Mio marito mi presentò questo ginecologo con il quale avrei poi dovuto effettuare la procreazione assistita. Mio marito già conosceva, da diversi anni, Antinori. Infatti con lui eseguì vari esami il cui esito fu molto triste: non poteva, in alcun modo, concepire un figlio.

Al primo incontro il ginecologo romano si dimostrò molto contento della mia giovane età (avevo 27 anni), perché le probabilità di successo del trattamento sarebbero state maggiori. Avendo tutto regolare, essendo “sana come un pesce”, come disse Antinori, iniziammo subito ad individuare i giorni della mia ovulazione per poter eseguire la prima inseminazione artificiale con il seme di un donatore (inseminazione intrauterina eterologa – AID), ordinando alle infermiere “seme di un donatore biondo con occhi azzurri!”.

Io rimasi stupita da questo “ordine”. Ma la voglia di mio marito di vivere la gravidanza, vedermi con il pancione, vivendo ed assistendo alla crescita del feto giorno dopo giorno fino al parto, mi portò ad accettare questa area commerciale che si respirava e che percepì da subito.

A Natale dello stesso anno, purtroppo, ebbi il ciclo mestruale, quindi il trattamento non ebbe successo. Riprovammo 1.. 2.. 3.. 4.. 5.. 6.. 7.. altre volte. Per ogni tentativo d’inseminazione artificiale, con un seme di un donatore, occorreva aspettare 14 interminabili giorni per effettuare le analisi del sangue, per certificare la gravidanza. Quattordici interminabili giorni di tortura psicologica, trascorsi immobile nel letto per favorire l’attecchimento, tra la speranza di realizzare un sogno e la paura della crudele eventuale realtà. Infatti, ogni volta, qualche giorno prima di questi interminabili 14 giorni, riappariva il maledetto e ormai tanto odiato ciclo. Ma nonostante questo maledetto e tanto odiato ciclo che riappariva, rimanevamo appesi ad un filo di speranza. Al quattordicesimo giorno andavamo sempre al laboratorio per effettuare le analisi del sangue, che ovviamente, risultavano negative.

Tutte le sette volte erano strazianti moralmente e fisicamente. Dovevo fare l’inseminazione un mese si, un mese no. Il mese dopo l’inseminazione il mio corpo doveva “riprendersi” per il tentativo successivo! Ogni volta, nel mese “giusto” dovevo fare delle visite allo studio (via Tacito 90, a Roma) per verificare l’andamento dell’ovulazione. Ogni volta dovevamo accettare di essere trattati con pochissimo rispetto e tante scortesie, sgarbatezze, rozzezze, arroganza e maleducazione. Per esempio, al nostro arrivo allo studio, o nella clinica privata (via Properzio 6, a due passi dallo studio) eravamo subito, sgarbatamente, indirizzati nella sala di attesa senza nemmeno un saluto. Al telefono, se dovevamo chiedere qualche informazione in più, eravamo trattati da “stupidi” per non aver capito le loro indicazioni precedentemente date. Non osavamo chiedere spiegazioni per i ritardi nelle lunghe attese altrimenti eravamo sgridati davanti a tutti per il fatto che non rispettavamo il loro lavoro, avevano molti pazienti da curare e sottolineavano sempre che non eravamo gli unici ad avere bisogno di loro. Se per caso i miei follicoli non crescevano come dovevano ero trattata come una handicappata, non adeguata, presente lì a far perdere loro del tempo prezioso da dedicare ad altre “migliori”. Insomma, erano degli Dei da venerare perché ci stavano facendo un favore… o forse meglio dire un miracolo!

Eravamo “maltrattati” più giorni di seguito e non solo dalle loro meschine maniere. Per ogni visita avevamo l’appuntamento alla solita ora, 16:30. Ma ad avere l’appuntamento alle 16:30 eravamo una quindicina di coppie, perciò le ore di attesa erano lunghe, molto lunghe, davvero lunghe! Le ore di attesa erano di circa 4-5 ore ogni volta. 4-5 ore trascorse sfogliando giornali, con tanta ansia, incapaci, tutti noi, a leggere un libro o altro. Durante queste 4-5 ore il nostro pensiero era altrove, e nella mega sala di attesa la concentrazione era del tutto assente. Allora non c’erano gli smartphone o i tablet. Eravamo lì a guardarci l’un l’altro senza comunicare, almeno verbalmente. C’era troppo pudore a parlare della propria esperienza, forse per vergogna di essere sterili, così sterili da non riuscire a concepire nemmeno in una maniera assistita. C’era, probabilmente, la paura di confrontare il grado della nostra sterilità per paura di scoprirci ancora più sterili. Ma eravamo tutti lì, ad aspettare ogni volta 4-5 ore, con tanta, che poi diventava sempre molto meno, speranza. 4-5 ore di attesa in una mega sala, ma alcune volte, a rotazione credo, ci mettevano in una sala di attesa VIP, privata, dove eravamo solo una coppia alla volta. Curioso questo tentativo di “nasconderci” ogni tanto trattandoci da “clienti esclusivi”. Ma il tempo di attesa nel nascondiglio era lo stesso, 4-5 ore.

Individuato il giorno “magico”, in cui eravamo pronte per l’inseminazione andavamo nella clinica privata. E lì dovevamo essere molto puntuali! Mi ricordo, una volta, nel giorno in cui dovevamo recarci per l’inseminazione, nevicò a Montopoli di Sabina, dove abito, ma anche a Roma, infatti le autostrade erano chiuse. Le strade del paese erano bloccate, e quelle poche macchine che camminavano scivolavano fuori strada. Ma la nostra motivazione ad avere un figlio era così forte che decidemmo di sfidare la neve. La nostra macchina, anche se andando a passo d’uomo, scivolava di continuo, ma noi riprovavamo. Ovviamente poi al nostro appuntamento a via Properzio arrivammo con circa un’ora di ritardo, anche se da casa partimmo con un forte anticipo. Antinori che ci aspettava scocciato, ma consapevole delle condizioni meteorologiche, mi visitò in 2 secondi e disse che il follicolo era ormai scoppiato! Non si poteva fare l’inseminazione! Cercai di convincerlo che probabilmente stava sbagliando perché il dolore, provocato dalle dimensioni del follicolo maturo, ancora lo sentivo. Ma niente! Capì allora che era la nostra punizione per essere arrivati in ritardo!

Era straziante. Tutto diventava sempre più lancinante. Ero indebolita e ormai depressa. C’erano troppi ormoni nel mio corpo e specialmente nel mio cervello!

Alle visite successive Antinori intuì il mio stato, ormai disinteressato e depresso (e chi sa il perché?). Perciò mi disse, “probabilmente, signora, è molto stressata e perciò occorre cambiare la tecnica di inseminazione. Dovremmo fare una fecondazione assistita in VITRO e transfert (FIVET – Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer)”. Un ginecologo anziano (un assistente) gli disse, “meglio fare l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI)”. Antinori insistette per la FIVET. E così cominciai ulteriori bombardamenti ormonali, per la stimolazione ovarica. Per quanti ormoni presi, ebbi una iperstimolazione ovarica con dei dolori allucinanti!! Solo chi ha avuto questa complicazione può capire il dolore provato. Ma sopportai… non avevo scelta. Dopo questa iperstimolazione “produssi” 25 follicoli (13 ovaio destro e 12 nell’ovaio sinistro). Furono prelevati tutti e ne furono impiantati 2, quelli di “I grado”. Chiesi alla “banda” di congelare i restanti 23, per evitare altri bombardamenti ormonali e stimolazioni ovariche, ma mi dissero che non erano buoni e che quindi andavano “gettati”.

Ora occorre definire questo termine usato da loro: “gettati” …

Di 25 ovuli solo 2 erano buoni? Curioso!! Molto curioso! Davvero curioso!!

Ma anche questo tentativo con la tecnica FIVET fallì.

Ero sfinita! Non ne potevo più. Non avevo più nessuna voglia di essere “trattata” e di “produrre”. Ero andata per concepire un figlio mio! Avevo solo bisogno che qualcuno mi guardasse come un essere umano, una donna, non come ovaie da stimolare per produrre e nemmeno più come un utero da fecondare! E questo è quello che dissi alla “banda”, provocando una forte discussione e portando alcuni assistenti ad insultarmi dicendomi le peggiori cose. Ricordo ancora benissimo questi due particolari: dicevano che loro compivano miracoli ma con me non era possibile perché, secondo loro, ero bloccata e il mio utero non avrebbe mai potuto ospitare un feto!

 Dopo due anni (dal novembre 2001 all’ottobre 2003) di manipolazioni, di bombardamento psicologico e ormonale, di gambe spalancate, guardata da una serie di dottori e assistenti “passanti” dalla stanza di esaminazione, la mia mente e il mio cuore erano ormai chiusi, sigillati. Erano ormai sterili.

Al primo incontro ero fertile, “sana come un pesce”, e loro mi resero sterile!

Ma non mollai. Oggi abbiamo due bellissimi bambini, 10 e 8 anni. Il primo magicamente adottato e il secondo miracolosamente partorito, dopo UNA sola fecondazione assistita in VITRO dal dott. Greco, e con il seme di mio marito. Lo stesso marito, che per Antinori non aveva nessuna speranza di concepire un figlio proprio!

Lo stato di sterilità in cui mi hanno indotto è stato sconfitto. Questa è la loro punizione!».

Daddi ci ha fornito anche tutti i documenti a sua disposizione. Da nessuna parte è scritto che gli ovuli in eccesso sono stati “smaltiti”. C’è scritto comunque che non sono stati congelati, dettagli invece specificati nell’unico tentativo con ICSI fatto con l’altro ginecologo. Tentativo da cui è nato il secondo figlio della coppia.

Rimangono tanti dubbi e tante domande senza risposta. Una per tutte: che fine hanno fatto davvero gli ovuli di Daddi non utilizzati da Antinori?

 

Donatella Briganti (ghostwriter e giornalista)

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