Ha avuto a che fare, suo malgrado, con la ‘ndrangheta che l’ha costretto ad abbandonare la sua Calabria e la sua ben avviata attività di imprenditore edile. Pino Masciari è un testimone di giustizia che si è sempre ribellato alle mafie e alla corruzione tutta, anche se questa era dentro le Istituzioni. Oggi non è più sotto protezione speciale ma non può lavorare, così come sua moglie, ed è sempre tutelato e scortato perché considerato a rischio di vita. Ha fatto arrestare decine di mafiosi, ha smascherato anche magistrati e della lotta alle mafie ne ha fatto la sua bandiera. Oggi che, con la morte di Totò Riina, un pezzo grosso di mafia se ne va, quello che resta è l’amarezza per aver fatto andar via anche i segreti che Totò Riina non ha mai rivelato e ha portato con sé chissà dove.
“Morto Totò Riina, il capo dei capi, l’Istituzione delle Mafie”, titola il comunicato di Pino Masciari riportato integralmente qui di seguito.
“È morto Totò Riina, quel capo dei capi mafiosi che non si è mai pentito, che non ha mai collaborato. Al contrario, sembra che lo Stato abbia collaborato e trattato con lui che rappresentava la mafia. Riina è stato un riferimento, trattato da leader, anche dalla televisione e dal mondo dello spettacolo, tanto da finire con il suo nome e la sua faccia da finto caro nonnino persino sui gadget che hanno spopolato, stravenduti, facendo parlare di un mafioso, mentre non si parla di cose importanti e di gente onesta”. La sua rabbia si alterna alla fiducia in quello Stato che continua a difendere e che spera sempre possa dargli indietro una vita da cittadino normale.
Lo Stato siamo noi e non abbiamo capito! I giovani forse non hanno capito chi era Riina! Forse non abbiamo capito che è stato lui ad ordinare omicidi e stragi come quelle che hanno portato alla morte di Falcone e Borsellino e del piccolo Di Matteo. Siamo stati noi tutti a farlo vedere come un eroe, un personaggio famoso, più del miglior attore di turno. Adesso porterà con sé tutti i segreti che non ha mai svelato, porta via per sempre la giustizia che poteva essere fatta e non sarà fatta mai più.
Mai un segno di pentimento da parte sua, mai una verità. Anzi, ce l’aveva con gli infami, con i collaboratori di giustizia, con i pentiti. Se la trattativa Stato-Mafia c’è stata, lui ha rappresentato l’anello di congiunzione di cui non si può fare a meno, dunque è stato alla pari delle Istituzioni di questo Paese perché proprio con le Istituzioni ha trattato alla pari: lui stesso è diventato, insomma, una Istituzione della mafia che ha rappresentato. Oggi non muore solo un capo mafioso, muore un po’ di più anche il nostro Stato, che non ha saputo o voluto sfoderare la sua autorevolezza, per paura, per corruzione o per assuefazione? Anche lui, per legge di natura, ha avuto una fine ma ha lasciato un vuoto solo nella verità e nella giustizia che in questo Paese non ci saranno più.”
Pino Masciari commenta così la morte del capo dei capi, tra stanchezza di lottare e speranza in un Paese più giusto. La sua lotta continua, nonostante tutto, e la sua determinazione a perseguire la giustizia non sembra essere scalfita dalle tante delusioni di questi anni in cui è dovuto fuggire, si è dovuto nascondere, ha dovuto annullare la sua identità e quella della sua famiglia. Il tutto non perché avesse fatto qualcosa di male, non perché fosse corrotto o perché avesse qualcosa da nascondere realmente. Ma solo per aver fatto ciò che ogni cittadino deve fare: denunciare.
Donatella Briganti