Era il 2007 quando intervistai Pino Pelosi, detto ‘er rana’, ufficialmente assassino di Pier Paolo Pasolini.
Avere davanti a me quell’uomo, non lo nego, mi metteva un po’ in soggezione.
Un po’ mi faceva pena e un po’ rabbia, per i suoi modi spocchiosi e perché diceva e allo stesso tempo non diceva, e si capiva benissimo che ti prendeva in giro, che restava sul vago per farti capire solo quello che voleva.
Pelosi è morto nel 2017, a 59 anni, e chissà quanti segreti ha portato via con sé!
Oggi, 5 marzo 2022, data in cui Pasolini “compie” 100 anni, voglio pubblicare l’intervista che feci faccia a faccia con uno degli ultimi, se non l’ultimo, ad aver visto il grande poeta e artista brutalmente morto ammazzato.
La morte di Pier Paolo Pasolini
Idroscalo di Ostia, 2 novembre del ’75: Pier Paolo Pasolini viene trovato morto su uno spiazzo polveroso. È stato picchiato brutalmente e poi investito da una macchina, la sua, guidata da Pino Pelosi, un ragazzo di appena diciassette anni con il quale si era appartato. La fuga del giovane dura poco.
“Sono stato io ad uccidere quell’uomo”, dichiara alla Polizia che lo ferma. E per questa sua confessione Pelosi viene arrestato e sconta otto anni di prigione.
Giustizia è fatta?
In pochi credono alla sua versione. Troppi dubbi, troppe domande. Una su tutte: Pasolini è ancora vivo quando l’Alfa Romeo grigio argento passa sopra il suo corpo o è già morto per la violenza dei colpi subiti? Un quesito che neppure l’autopsia è in grado di risolvere.
Giustizia, forse, non è fatta. Questo è quello che pensano le mille persone che firmano un appello per chiedere la riapertura del caso. Tra loro anche Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli ed Enzo Siciliano.
La versione di Pino Pelosi “Er Rana”
“Tutti pretendono di risolvere il caso, tutti raccolgono firme e fanno ipotesi, tutti pensano di seguire la strada giusta. A volte mi viene da ridere. Ma che ne sanno, loro, di quello che è successo davvero all’Idroscalo? Erano lì? No, non c’era nessuno oltre a me”.
Pino Pelosi muove nervosamente le mani strofinandole l’una contro l’altra mentre pronuncia queste parole. È un personaggio ambiguo, difficile da interpretare. D’altronde, dopo trent’anni passati a proclamare la propria colpevolezza, nel 2005 ritratta tutto durante la trasmissione ‘Ombre sul giallo’: “Non sono io l’assassino di Pier Paolo Pasolini”, dice spiazzando tutti. Una dichiarazione che comporta la riapertura dell’inchiesta, durata però pochissimo: “Nulla di concreto, non abbiamo tempo da perdere. Pelosi non ha dato le indicazioni che servono per proseguire le indagini”, stigmatizzano i magistrati. La speranza è, quindi, che oggi Pelosi dica finalmente la verità.
Quella notte con Pasolini
“Ad ucciderlo sono stati quei tre uomini sulla quarantina che ci avevano seguiti fino all’Idroscalo. Avevano premeditato tutto. Sono sbucati dal buio e hanno cominciato a picchiarlo. Hanno picchiato anche me (frattura del naso e ferita alla testa n.d.r.) solo perché cercavo di difendere quell’uomo. Non lo conoscevo, non sapevo chi fosse. Ero salito in macchina con lui perché ero uno squattrinato e mi aveva offerto la cena. Non sapevo neppure se era il caso di fidarsi di lui. Ma i ragazzi con cui stavo, i miei amici, mi avevano convinto ad accettare e fare quel giro in macchina. Siamo andati a cena, poi mi ha portato a Ostia”.
Pino in quella notte tragica è un diciassettenne che si lascia convincere ad avere un rapporto orale col famoso poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo. Poi scende dalla macchina. Ed è in quel momento che, dal buio, pare sbuchino fuori i tre assassini. Ma chi sono quegli uomini? E perché allora Pelosi si è auto-accusato di un omicidio non commesso?
“Per paura, solo per paura”, sostiene lui. “Mentre picchiavano a morte Pasolini urlavano che se avessi detto qualcosa me l’avrebbero fatta pagare, che avrebbero ucciso i miei genitori. Non so chi erano quei tre. So solo che avevano un forte accento del sud. ‘Frocio, fetuso’, gridavano mentre massacravano quel poveretto. Ho avuto paura, lo ripeto. In fondo avevo solo diciassette anni. Ero un ladruncolo, è vero. Un ragazzo di borgata. Ma in fondo anche ingenuo e immaturo”.
Pelosi assassino o vittima?
Pelosi non fa i nomi, dice di non ricordare più nulla, che è passato troppo tempo e che c’era troppo buio per riconoscere quegli uomini. Ma allora perché avrebbe deciso di dire la verità, o parte di essa, dopo tutti questi anni?
“I miei genitori sono morti, non ho più niente da perdere ed ho pagato anche troppo. Oggi non ho più paura. E se tornassi indietro, forse direi subito la verità. La galera ti cambia. Ti avvelena ma ti rafforza, soprattutto quando sai che sei là dentro per una colpa che non hai commesso. Quante volte ho pensato agli anni perduti della mia giovinezza, quelli che avrebbero dovuto essere i più belli e invece…”.
Invece li trascorre con un peso in fondo al cuore, con un segreto da non poter rivelare. In tanti hanno sempre creduto all’innocenza di Pelosi. Non può essere stato lui, senza macchie di sangue addosso e troppo giovane e fragile per commettere un massacro di tale portata.
Pelosi pentito?
Oggi è sicuramente un uomo diverso, oggi non ha più paura e questo lo si legge nei suoi occhi. Anche se, per qualche strano motivo, continua a tacere quei nomi. È fin troppo chiaro che li conosce, quei nomi. Infatti, incalzato dalle domande, sempre le stesse, gira la testa da un’altra parte, sorride e cambia discorso.
“Cerco di non pensare troppo al passato e nemmeno al futuro. Mi sono buttato nel lavoro, faccio il giardiniere per conto di una grossa cooperativa. Ho avuto tante brutte esperienze nella mia vita. In carcere ci sono stato spesso e non solo per la storia di Pasolini: rubavo e spacciavo. Ma adesso mi piacerebbe avere una famiglia e anche numerosa. Non è facile, ma se dovesse capitare, non direi di no ad una donna da amare. Intanto vivo da solo e mi arrangio come posso. Mi manca anche una casa tutta mia. Quando ho rilasciato l’intervista a ‘Ombre sul giallo’ molti mi avevano promesso un lavoro e una casa. Poi nessuno ha mantenuto le promesse. Dicevano che avrei dovuto fare un altro passo in più, che quello che avevo detto non bastava. Se incontrassi il Sindaco di Roma Veltroni, direi a lui di darmi casa. Ma gli direi anche tante altre cose”.
Pelosi tra rimpianti e rimorsi
Dice di vivere, tutto sommato, una vita tranquilla. Ma nei suoi occhi si legge tanta rabbia. Per ciò che ha vissuto, per ciò che ricorda e per ciò che non vuole ricordare. Per ciò che si aspettava dalla vita e non ha avuto.
“Volevo fare il pilota di elicotteri, invece su un elicottero non sono mai neppure salito. La vita, purtroppo, mi ha riservato ben altro. Mi sono sentito dire di tutto, dai giornalisti e non solo. Hanno detto che ero un omosessuale e non è vero. Sai quante denunce ho fatto? Eppure nessuno ha mai fatto niente per difendermi”.
Pino Pelosi vuole difendere la sua vita, il suo presente e un passato che ritorna insistentemente. La sensazione è che ci riuscirà, forse, il giorno in cui deciderà di ricordare tutto, ma proprio tutto.