Schiavitù moderna, obesità mediale, cattiva scrittura, onnireporter. Evoluzione o involuzione continua? Comunicazione all’ennesima potenza convergente con il suo stesso opposto. Solitudine combattuta con i social che, per loro stessa natura, dovrebbero promuovere l’azione sociale. E lo fanno, se non fosse che a volte rendono ancora più soli, se glielo permettiamo. Non esci più, tanto hai lo smartphone. Se esci ci sei ma non ci sei perché non ascolti; fai finta ma in realtà non lo fai. Sei piegata sullo schermo a chattare o contare quanti ti piacizzano e quanti ti condividono. O sei smart anche tu o non sei affatto. Una vera droga anche per chi nega di essere social network addicted. A volte sembra non esserci scampo. La vita sicuramente non è più la stessa, le relazioni non sono più le stesse, nemmeno con noi stessi. Sembra non esserci più tempo per pensare o agire senza uno smartphone in mano e scorrere le pagine dell’ultimo social di turno. È davvero così? Guidi pericolosamente chattando, cammini digitando, a volte alla vita reale non resta che la coda dell’occhio. E se questa è la nuova vita, via l’umanità, ecco la digitalità.
Ma una vera colpa i social forse non ce l’hanno! La colpa è nostra se non ci sappiamo regolare, se non percepiamo il tempo che passa mentre scorriamo, per esempio, la home di Facebook. I social network, così come i media in generale, possono offrire immense opportunità ma possono anche essere deleteri per la socialità. La verità è che sta a noi sapere scegliere. Dipende tutto da come li usiamo. Quindi non facciamoci drogare da uno schermo, a volte senza nemmeno guardarlo davvero. Siamo liberi e capaci di scegliere per un uso proficuo e intelligente dei media e dei social.
Donatella Briganti (ghostwriter e giornalista)