È bellissimo tenere una penna in mano, poggiarne la punta su un foglio bianco e cominciare a scrivere. Anche se butti giù tutto quello che ti passa per la testa, quel foglio comincia a cambiare e assumere le sembianze di qualcosa di artistico. Una pagina scritta a mano è molto affascinante, oltre che assolutamente unica. Mai e poi mai potrebbe essere uguale ad un’altra. Pensate quant’è bello poter creare qualcosa di unico e che risponde solo a voi. Se io scrivo a mano, in quella pagina ci sono io e soltanto io. La grafia è la mia, l’inchiostro che è venuto fuori in quel momento da quella specifica penna era esattamente quello, nero o blu o di qualsiasi altro colore. Ma tutto riporta a qualcosa di irripetibile. Anche quando alle elementari si scrivevano pagine e pagine di una sola parola, alla fine ogni pagina era unica, nonostante potesse sembrare uguale alle altre contenenti le stesse parole. E l’avevo scritta io, l’avevi scritta tu, l’aveva scritta lui. Nessun altro. L’autore era subito individuabile. Se poi da grandi siamo riusciti a scrivere anche delle belle pagine, dai contenuti di un certo livello di profondità, o magari di una certa importanza, allora lì secondo me non c’è altro che arte pura.
La scrittura è arte. Sembrerà assurdo ma anche i pizzini che scriveva il boss mafioso Totò Riina possono essere considerati “pezzi d’arte”, anche se scritti da un pezzo di m… e per scopi tutt’altro che nobili. Quello che intendo è che la scrittura di per sé nasconde e contiene verità, bugie, bastardate, preghiere, confessioni, dichiarazioni d’amore o di guerra, ma tutto tramite un atto che può sembrare semplice perché lo facciamo ormai in automatico (già per mia nonna così automatico non era, visto che era tra i pochi che ai suoi tempi sapeva firmare e scrivere, seppur lentamente e riflettendo bene prima di ogni parola) ma che è straordinario e magico di per sé. Andando oltre lo scopo che quel pezzo di carta può e vuole raggiungere, abbiamo scritto perché ce l’avevamo in mente, a meno che non ci abbiano dettato parola per parola…e nemmeno lì la cosa a me sembra così semplice e scontata ma straordinariamente magica perché frutto di un’elaborazione mentale comunicata vocalmente, decodificata da qualcun altro che è fuori dalla mente che l’ha prodotta e che ha portato il codificante a trasmettere contenuti a chi, recependo il messaggio, decodificandolo e rielaborandolo a sua volta nella sua mente, è riuscito poi a veicolarlo tramite le braccia, le mani, la penna, un foglio di carta.
L’atto di pensare è già un mistero, l’unica cosa che è solo nostra e che di fatto non esiste come oggetto, non si può toccare, non si può provare se non tramite la comunicazione dello stesso.
Diamo tutto per scontato ma se facciamo caso a tutto e apprezziamo tutto, è sbalorditivo…e fantastico, se ci pensiamo bene. Una cosa solo nostra e che viene fuori solo se vogliamo e solo se riusciamo a comunicare in qualche modo.
L’atto poi di scrivere non vi sembra come un atto quindi magico che porta ad una sorta di catarsi, una liberazione, una purificazione? Lo è, eccome! Soprattutto se è uno sfogo, pensate quanta liberazione e purificazione ci sono in quell’atto così “normale”. Vi sarà di certo capitato di scrivere e poi sentirvi meglio.
Io ho cominciato a scrivere diari segreti dalla mia prima comunione (avevo circa 9 anni), quando le mie sorelle me ne regalarono uno. Non ho più smesso e le pagine di tutti quei diari chiusi con un lucchetto sempre nuovo potrebbero raccontare i miei pensieri, immortalati là in una specie di flusso di coscienza senza fine, solo fuoriuscito dalla mente. È assurdo come rileggendo, a volte, alcune di quelle pagine non sembrino nemmeno pensieri miei, e come anche il mio modo di scrivere sia sempre cambiato in base ai miei stati d’animo. La scrittura è o può essere, se vogliamo, una magica riproduzione del pensiero.
Ma ciò che rende unico il risultato è la scrittura a mano.
Non è così e non potrà mai essere così se scriviamo digitando su una tastiera e leggendo cosa abbiamo scritto su un foglio word tramite un anonimo font dal colore che chiunque potrebbe scegliere. Non c’è niente di personale. Certo, l’abbiamo scritto noi, magari l’abbiamo pure firmato. Ma non è la stessa cosa. E non c’è lo stesso piacere. Di te in quel documento word c’è “solo” il contenuto, forse. Ma è così, oggi è così, si scrive al PC. Ci sarà, soprattutto tra le nuove generazioni, chi al contrario prova più piacere a scrivere su una tastiera. Probabilmente comincio ad appartenere generazioni già troppo lontane.
Che bello il progresso quando ti permette di comunicare in tutto il mondo, che bello quando quello che hai scritto puoi condividerlo con il mondo intero. Devo ammetterlo, ci sono vantaggi impensabili rispetto alla scrittura manuale ma a me manca scrivere a penna, cosa che faccio ormai solo per me, per il puro piacere di scrivere riuscendo a decifrare anche il mio stato d’animo dalla grafia che ho in quel momento. Quando scrivi su una tastiera nemmeno questo traspare. Scegli un carattere e scrivi con quello. Stop. Ma tutti possono scegliere lo stesso carattere. Niente di più anonimo.
Cambia quindi l’atto che a penna è quello di scrivere, sulla tastiera invece è digitare. Digitando scrivi, ma la scrittura a mano è un’altra cosa.
Soprattutto perché digitare oggi è social. Se non sei social non sei, quindi digiti per essere, per esistere ricordando quella che era la scrittura e cercando di trasportarla in un mondo virtuale che esiste e non esiste allo stesso tempo.
Digitare oggi, attenendosi magari ad uno spazio limitato, aggiungendo ad ogni parola un cancelletto o una chiocciolina per richiamare gruppi di persone e attirare la loro attenzione per fare comunità, è una cosa molto diversa dallo scrivere. E io amo scrivere. Amo meno digitare anche se ne traggo i vantaggi e ne sfrutto, come tutti, le opportunità. Facciamo le pecore perché serve e perché può risultare utile. Ma si, scrivere…è un’altra cosa.
Donatella Briganti (ghostwriter e giornalista)